Chi lascia la strada vecchia per la nuova…

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Cosa succede se stai salendo al castello normanno sul monte Consolino e sul percorso incontri Marco?

Antefatto. Da qualche anno sulle pareti del Monte Consolino sono state attrezzate delle vie per l’arrampicata sportiva. Con molta sorpresa veniamo a sapere che c’è un gruppo di appassionati si riunisce ogni domenica per fare arrampicate, trovare ed attrezzare nuove vie, fare piccola manutenzione. Marco ed Enea sono di Stilo, Chiara di Pazzano, gli altri arrivano da ogni dove. Dopo un paio di appuntamenti mancati a causa nostra, Maria Laura ed io decidiamo di raggiungerli. Domenica scorsa, fugace colazione in piazza a Stilo, salutiamo Tania che ci preparerà tagliatelle ai fungi porcini per pranzo, e cominciamo a salire sperando di incontrarli. Telefoniamo a Marco: sta salendo anche lui verso il castello sul sentiero della Via Crucis. Lo raggiungiamo, è armato di piccone e seghetto, sta facendo pulizia sul sentiero, sono le dieci. Ci presentiamo, e cominciamo a salire.

Vi ricordate la domanda in apertura? Ecco quello che succede.

Abbandoniamo il ripido sentiero della via crucis e ci muoviamo in orizzontale fino a trovarci sulla verticale sulla Cattolica. Visto dall’alto il gioiellino bizantino sembra ancora più minuscolo. Mi sfugge la frase: “qui ci sono già stato, la grotta di S. Angelo invece non l’ho mai vista“. Non l’avessi mai detto. Marco, gentilissimo, si offre di accompagnarci, tanto l’appuntamento per l’arrampicata con Enea è solo per le due del pomeriggio. Addio tagliatelle dunque.

Da dove siamo noi, per raggiungere la laura di S. Angelo, occorre scendere fino alla laura della Madonna della Pastorella poi scendere ancora e risalire un po’ più avanti. Non è complicato, a dirsi.

Cominciamo a scendere quindi. Costeggiamo un tratto dell’ex cinta muraria del castello, passiamo per una delle porte. Il percorso è impegnativo e in alcuni punti molto esposto. Il panorama sulla vallata dello Stilaro è magnifico, nonostante una leggera foschia. Marco: “se riuscite ad arrampicarvi per qualche metro vi porto alla grotta del Polipo“. Il nome incuriosisce, la piccola parete alla base della roccia è fratturata e c’è un po’ di vegetazione. 

Saliamo. in mezzo alla piccola grotta il “Polipo” una concrezione calcarea dalle vaghe somiglianze con l’animale. Ci sediamo a riposare e facciamo ipotesi sull’origine di quella formazione e di altre striature nella roccia. Nessuno di noi è geologo. Così. Pour parler.

Ridiscendiamo sul sentiero, mettendo i piedi al sicuro. Riprendiamo a respirare, e a scendere. Incrociamo la stradina che porta alla laura della Madonna della Pastorella. Una breve visita alla chiesetta rupestre e scendiamo ancora. Marco di nuovo: “ora facciamo una piccola deviazione e vi porto ad un’altra grotta“. Obbediamo. E scendiamo. Qui la compatta roccia calcarea lascia il posto all’arenaria. Attraverso una piccola apertura ci infiliamo nella grotta. Superata l’imboccatura c’è spazio per state in piedi e camminare in fila indiana. alla luce dei cellulari. Percorriamo una decina di metri, poi Maria Laura si ricorda che ha paura dei ragni. Usciamo senza fretta, la lasciamo fuori e rientriamo io e Marco. Giusto il tempo di fare qualche metro in un braccio secondario, poi riusciamo.

E’ il punto più basso del percorso. Ora si deve salire. E’  l’una. Lo stomaco si ricorda della promessa delle tagliatelle. Saliamo piano piano per arrivare alla laura di S. Angelo. La salita è più comoda della discesa, ma il dislivello si fa sentire. Passaggio esposto, due minuti di concentrazione e poi lo superiamo sempre sotto la guida attenta di Marco. Saliamo. Brevi soste nelle quale Marco va a farsi giretti esplorativi. Saliamo. 

Arriviamo alla laura. Una grotta profonda cinque o sei metri ma con il pavimento molto inclinato. Mentre ammiriamo i resti dei mosaici sulle pareti conversiamo sul come abbiano fatti i monaci bizantini a scegliere questi posti sperduti e come riuscissero a stare in spazi così angusti.

Occorre continuare a salire. Osserviamo la vegetazione, ci fermiamo nei punti panoramici e saliamo. Attraversiamo quello che sembra un acquaro scavato nella roccia: secondo Marco serviva un mulino, alimentate da un sistema di cisterne nel pianoro sovrastante, che raccoglievano l’acqua piovana. Arriviamo finalmente nel pianoro, qui ci sono già stato, mi rilasso perché ora il percorso sarà più comodo.

Ci avviamo a raggiungere la grande croce al termine del sentiero della via crucis. Ma prima non perdiamo l’occasione per visitare ancora una laura: quella dei SS Ambrogio e Nicola.

Troviamo un paio di mandorli, raccogliamo i frutti e ne mangiamo. Poi torniamo sul sentiero della via crucis, solo qualche decina di metri da dove avevamo incontrato Marco nella mattina. E sono le due, almeno. Saliamo ancora, verso la croce. Incontriamo due turisti tedeschi: arrivano da Pizzo. Dal pianetto della croce il panorama su Stilo è stupendo. Proseguiamo, superiamo le antenne. Sulla sinistra uno strapiombo vertiginoso, più avanti la “spelonga” una profonda frattura nella roccia, meta anche questa di scalatori. Decidiamo di non salire al castello: è tardi. Accorciamo quindi imboccando un sentiero che scende fino alla strada sterrata. 

Scendiamo in paio di tornanti e arriviamo al parcheggio. Imbocchiamo un sentiero nel cipresseto che porta ai punti di partenza dei percorsi di arrampicata. Incontriamo finalmente Chiara ed Enea. Enea è pronto per salire: farà una salita di “prima” per fissare i rinvii per noi. Maria Laura non vede l’ora, io sono esausto e a corto di adrenalina. 

La via “Azimut” non è delle più facili. Sale Enea, in pochi minuti sistema i rinvii e poi scende. Ma non è una passeggiata. Si prepara Maria Laura. Comincia a salire piano piano, poi si blocca in alto: non trova appigli. Insiste, si stanca le dita, alla fine decide di scendere. Io invece no. Non sono partito proprio. Sarà per domenica prossima (se sarà una via più facile).

[Mi propongo di dare maggiori informazioni sulle arrampicate in un prossimo blog].

Intanto sale Chiara. Anche lei si ferma nello stesso punto. Poi sale Marco, smonta tutto, raccogliamo le attrezzature e ci avviamo verso il parcheggio. Con Marco dobbiamo ritornare sul punto in cui ci eravamo incontrati per recuperare i suoi attrezzi. Comincia a fare buio. Scendiamo verso la Cattolica. Il tempo di bere qualcosa al chioschetto e conoscerci meglio, ringraziamo e salutiamo anche marco Marco: le tagliatelle stanno ancora aspettando. 

Ore 20, Monasterace, finalmente davanti ad un piatto di tagliatelle fumanti. Non c’è più da salire o scendere. Grazie Maria Laura. A domenica prossima.

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