Il 10 giugno 1940, quando l’Italia dichiarò guerra alla Francia e alla Gran Bretagna, gran parte dello spirito offensivo del Duce ricadde sulle spalle della Regia Marina, essendo tra le tre forze armate l’unica preparata alla guerra. Ci si doveva preparare ad affrontare per la prima volta nella storia la gloriosa Royal Navy britannica, e l’occasione venne nei primi giorni del luglio 1940, nel Mar Ionio, a sud-est di Punta Stilo.
Poco dopo l’apertura delle ostilità entrambi gli schieramenti si videro costretti ad organizzare dei convogli protetti per il trasporto di rifornimenti.
Si trattò di un incontro accidentale, dal momento che le due flotte, impegnate appunto nella scorta ai rifornimenti, si affrontarono solo dopo che la missione principale era stata portata a termine, da parte italiana, o posposta, da parte britannica.
Il tutto per via del fatto che la dichiarazione di guerra aveva colto piuttosto di sorpresa gli stessi vertici delle Forze Armate, costrette quindi nei primi mesi di guerra ad inviare in Africa rinforzi e rifornimenti che non erano stati colà approntati in precedenza.
I rapporti di forza tra le due formazioni erano i seguenti:
ITALIA | INGHILTERRA | |
Ammiraglio | Inigo Campioni | Andrew B. Cunningham |
Corazzate | 2 | 3 |
Portaerei | 0 | 1 |
Incrociatori pesanti | 6 | 0 |
Incrociatori leggeri | 12 | 5 |
Cacciatorpediniere | 26 + 3 | 16 + 2 |
Totale | 49 | 27 |
Mercantili | 5 | 7 |
Le navi italiane uscirono dalle loro basi nel pomeriggio del 7 luglio, la I squadra da Taranto, la II squadra da Augusta, in Sicilia. La Mediterranean Fleet lasciò invece la base di Alessandria, in Egitto, verso la mezzanotte del 7 luglio.
La Regia Marina venne a conoscenza della presenza in mare della flotta britannica grazie all’efficienza del servizio decrittazione. Il primo avvistamento della flotta inglese avvenne però alle prime luci del giorno 8 luglio ad opera di una formazione di bombardieri del 39° Stormo dell’Aeronautica dell’Egeo di ritorno da una missione di bombardamento su Alessandria.
Più tardi, anche Cunningham venne a conoscenza della presenza in mare della flotta italiana grazie alla segnalazione del sommergibile Phoenix, che aveva oltretutto attaccato la I squadra senza però colpire.
Intanto l’Aeronautica dell’Egeo, individuata la formazione inglese, attaccò con bombardieri tra le 10.00 e le 18.40, mediamente dalla quota di circa 3.000 metri, con bombe da 100 e da 250 kg. Alle 18.30 fu colpito l’incrociatore Gloucester, del quale fu distrutta la direzione di tiro principale e fu danneggiato il timone. A causa di questi danni non prenderà parte allo scontro con le navi italiane.
Fra le 18.00 e le 22.00 il convoglio italiano era entrato nei porti libici, a Bengasi principalmente, e la compagine da guerra della formazione aveva invertito la rotta per tornare alle proprie basi.
Da parte inglese si era a conoscenza dei movimenti italiani dalle 15.10, quando la formazione fu scoperta da un idrovolante Sunderland britannico. Iniziava così la notte tra l’8 e il 9 luglio 1940, che passò per entrambi nell’attesa di uno scontro ormai inevitabile, mentre le due formazioni navigavano a 20 nodi l’una verso l’altra.
Il 9 luglio 1940 sarà per sempre ricordato come il giorno in cui avvenne il primo scontro della storia tra la gloriosa Royal Navy britannica e la giovane Regia Marina Italiana.
Bisogna dire innanzitutto che lo spirito con cui l’Ammiraglio Campioni andava a combattere non era dei migliori, infatti benché avesse manifestato intenzioni molto aggressive nei confronti del nemico, deciso ad andare all’attacco, fu fermato da Supermarina, che gli ordinò dapprima di impegnarsi solo in caso di condizioni favorevoli, e poi, presa conoscenza della conformazione della flotta nemica, di non impegnarsi affatto.
Alle 11.45 Cunningham, conoscendo la posizione della formazione italiana lanciò all’attacco 9 aerosiluranti decollati dalla portaerei Eagle, i quali lanciarono i loro siluri senza colpire alcun bersaglio.
Il primo avvistamento da parte italiana si ebbe alle 13.30, ed a seguito di ciò Campioni fece decollare tre idrovolanti da tre dei suoi incrociatori leggeri che, individuata a loro volta la flotta nemica, ne comunicarono con estrema precisione composizione, posizione e velocità.
Il primo avvistamento da parte di navi si ebbe alle 14.52, quando gli incrociatori inglesi Neptune e Orion avvistarono alcuni cacciatorpediniere italiani, mentre alle 15.05 fu la volta degli italiani di avvistare il nemico. Iniziava lo scontro.
Alle 15.20 l’VIII divisione incrociatori leggeri aprì il fuoco contro il nemico dalla notevole distanza di 20.000 metri con le artiglierie da 152 mm, seguita alle 15.26 dalle navi della IV divisione.
Alle 15.31 il contatto balistico cessò per l’intervento delle navi da battaglia.
Alle 15.23 infatti i cannoni da 381 mm della corazzata Warspite aprirono il fuoco contro la IV e la VII divisione dalla enorme distanza di 24.000 metri, quindi gli incrociatori italiani ripiegarono portandosi dietro alle navi da battaglia ed agli incrociatori pesanti.
I grossi calibri si scontrarono poco dopo, alle 15.53, quando il Cesare, aprì il fuoco contro il Warspite dalla bella distanza di 26.000 metri, seguito poco dopo dal Cavour dalla distanza addirittura di 30.000 metri.
Anche gli incrociatori pesanti portarono a tiro i loro 203 mm ed aprirono a loro volta il fuoco.
Il tiro italiano fu subito diretto con precisione sul bersaglio, ma le salve apparivano disperse, come constatato anche dagli inglesi, il Warspite aprì il fuoco quando la distanza scese a 22.000 metri, con tiro a sua volta disperso. Il Malaya, lontano e lento, cessò il fuoco quasi immediatamente. Nel frattempo gli incrociatori pesanti italiani avevano diretto il fuoco contro gli incrociatori leggeri britannici.
Alle 16.00 in punto il Cesare, inquadrato da una salva del Warspite, fu centrato da un colpo estremamente fortunato sul lato di dritta. Il proiettile, da 381 mm, centrò il fumaiolo poppiero attraversandolo, perforò il ponte di castello, attraversò un deposito di munizioni dell’artiglieria contraerea e si fermò sul lato interno della corazza della murata senza esplodere. I danni furono di lieve entità, ma il fumo dell’incendio sviluppatosi da una delle riservette delle contraeree da 37 mm venne aspirato dalle prese d’aria della sala macchine, cosicché quattro delle otto caldaie della nave dovettero essere arrestate, e la velocità scese a 18 nodi, facendola restare indietro rispetto al Cavour. L’energia elettrica di bordo inoltre venne a mancare per circa 30 secondi. In breve però poterono essere ripristinate due delle quattro caldaie danneggiate e la nave poté riprendere la sua navigazione ad elevata velocità.
A questo punto la battaglia di Punta Stilo si può considerare conclusa. Il contatto venne rotto alle 16.45, da Cunningham invertendo la rotta, da Campioni in virtù della sua rotta divergente dalle navi britanniche.
Aveva così fine il primo scontro della storia tra la Royal Navy e la Regia Marina. Si trattò in pratica di un pareggio, in quando non vi fu perdita di navi, se si esclude il caccia Escort, facente parte della formazione che non partecipò alla battaglia.
Campioni era soddisfatto di aver affrontato, addirittura in condizioni di inferiorità, la flotta britannica, e di averla vista allontanarsi senza aver affondato nessuna nave italiana.
In definitiva la battaglia si era risolta come detto con un pareggio, senza vittorie tattiche, dal momento che non era andata persa alcuna nave durante il contatto balistico e vi erano stati lievi danni da entrambe le parti, e senza sconfitte strategiche, infatti entrambi i convogli erano giunti indisturbati a destinazione.
Per la prima volta però in Italia vennero al pettine i nodi della questione aeronavale. Non era presente alcun tipo di cooperazione tra la Marina e l’Aeronautica, e questo a causa delle ostilità che avevano opposto le due Forze Armate negli anni della preparazione, e tale manchevolezza tornerà a farsi notare in maniera lampante molte altre volte nel corso del conflitto appena iniziato.
Estratto da http://digilander.libero.it/planciacomando/WW2/stilo1.htm
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